Volantino anticarcerario. Al recto il testo, ribattezzato Lotta criminale, al verso il fumetto, Il buon padre. Senza data, probabilmente autunno 1972.
IL CRIMINE NON È SOLO UN PRODOTTO DELLA SOCIETÀ: INIZIA AD ESSERNE LA NEGAZIONE. IL CRIMINE NON È SOLO LA BASE DELLA CRITICA DELLA COMUNITÀ FITTIZIA DEL CAPITALE, È L’INIZIO DELL’AFFERMAZIONE DELLA COMUNITÀ REALMENTE UMANA.
Le carceri come istituzioni separate dalla società non sono altro che la proiezione dell’esistenza normale di ciascuno in una dimensione che assume i colori dell’incubo, del terrore e dell’oppressione aperta. La prigione, che il buon senso non riesce più a cogliere, se non in istanti di pazzia autentica, come parte realmente costitutiva del proprio ambiente quotidiano, può essere allora proposta dalla società come ciò che esemplarmente punisce chi non vuole più tollerarla; la paura del carcere come istituzione separata, costringe ciascuno nel carcere della famiglia e del lavoro o di tutti i loro grotteschi surrogati; è la morte quotidiana, quindi può essere spacciata e consumata come l’unica esistenza possibile. Ciò che stravolge questa malefica allucinazione è la premessa di ogni azione rivoluzionaria: IL RISCHIO DELLA PRIGIONE O DELLA MORTE NON è OGGI CHE L’AVVENTURA DELLA VITA.
Il carcere, dopo la recente ondata di sommosse che ne ha sconvolto l’andamento, è divenuto un argomento principe per chi vuole lavarsi la bocca con piagnistei sulla repressione, per chi vuole mettersi a posto una coscienza pelosa facendo rilevare le terribili condizioni di vita del carcere, illustrandole in scritti, dibattiti, films, tutti ben remunerati e di prestigio. Costoro però non dicono che I FUORI LEGGE SONO I MODERNI RIVOLUZIONARI, poiché sono già essi stessi CARCERE nella misura in cui la loro ideologia dovrebbe servire a riprodurre e far accettare tutta la miseria e tutta l’infelicità di una “vita” che è a tal punto carcerizzata da divenire ANTIUMANA.
Le parole d’ordine democratiche non incantano più nessun detenuto o fuorilegge; nessun rivoluzionario. CARCERE PIù GRANDE, MIGLIORE E PROCESSI PIù VELOCI VOGLIONO DIRE IMPRIGIONARE PIù GENTE POSSIBILE NEL MINOR TEMPO POSSIBILE.
In realtà, nessuna lotta contro il carcere ha senso se non è lotta contro la LEGGE; la lotta contro la LEGGE è la base necessaria per la distruzione dell’ordine esistente e della produzione di merci e di ideologia su cui la società è fondata.
Di fronte al dilagare della rivolta, di fronte al fatto che milioni di persone lottano contro il carcere che è ovunque, anche oltre le mura specifiche delle prigioni di stato, si scatena il tentativo di recupero. Il recupero si manifesta attraverso lo spaccio reiterato di ideologie particolari ma tutte sostanzialmente conservatrici della realtà.
L’ideologia hippy promette ai giovani la loro liberazione in quanto giovani, l’ideologia operaistica l’emancipazione degli operai in quanto tali, altre ancora promettono libertà agli studenti, alle massaie, ai “pazzi”, ai drogati, agli omosessuali, alle lesbiche etc. ed anche ai carcerati.
Ma il movimento della rivoluzione moderna, il movimento che porterà alla realizzazione dell’uomo, cioè al COMONTISMO, opera per la liberazione di ognuno dalle catene globali che il carcere della vita quotidiana gli impongono e che le ideologie carceriere fingono di sottrargli.
LA FINE DI OGNI RUOLO è LA FINE DI OGNI CARCERE POSSIBILE
I COMONTISTI
cicl. in proprio, c.so Regina 24