Per l’Organizzazione Consiliare, d’Este, Ghisleni, Ventura. Torino, 22 ottobre 1970.

Caro compagno,

la situazione presente dello sviluppo delle lotte proletarie impone, a nostro avviso, delle precise scelte a tutti coloro che intendono porsi sul terreno dell’eversione coerente. Scelte che, beninteso, devono articolarsi sul duplice momento della teoria-pressi e dell’organizzazione minima conseguente.

Ebbene, a noi sembra che l’attuale frammentazione delle forze che vogliono essere rivoluzionarie (e, per ciò stesso, antigerarchiche e consiliari) non sia più oltre tollerabile. Infatti ciò, oltre ad impedirci una seria opposizione alla momentanea canea burocratico-leninista di cui l’esempio più recuperatorio e spettacolista è senz’altro fornito da “Lotta continua”, blocca ed isterilisce la ricerca teorica, riduce gravemente la possibilità di praticare correttamente le nostre ipotesi ed infine ci pone sull’infido terreno di chi non riesce a concretare la critica dell’ideologia dell’organizzazione (militantismo) in prassi dell’organizzazione contro l’ideologia coagulata.

È peraltro evidente che è necessario respingere, prima di tutto in noi stessi, qualsiasi tentativo volontaristico (e quindi velleitario) di “ricongiungimento” di forze (siano esse determinate da singoli compagni o da piccoli gruppi) eversive che non sia fondato sul minimo di accordo teorico ed organizzativo. Il nostro obiettivo pertanto non è quello dell’unione di varie forze, bensì quello dell’unità tra di esse, fuori da qualsiasi tentazione gerarchica e burocratica.

Le basi minime di accordo, sotto cui è impossibile scendere pena la degradazione di noi stessi a “militanti ideologici”, sono, a nostro parere, le seguenti:

a) il massimo di coerenza tra ciascuna tesi formulata e tra la formulazione teorica e l’attuazione pratica (divulgazione, comunicazione, intervento ed azione diretta);

b) la critica cosciente di ogni aspetto separato della sopravvivenza sociale e, del pari, di tutto l’esistente sociale presente (tra cui, in primo luogo, la critica delle burocrazie e delle istituzioni);

c) la coscienza della necessità di condurre una lotta spietata contro l’ideologia, sotto qualunque forma essa si rappresenti, non esclusa quella “consiliare”, per la riaffermazione del valore rivoluzionario della teoria;

d) il riconoscimento della parzialità della nostra organizzazione (come di qualsiasi altra organizzazione rivoluzionaria con cui si intrattengano rapporti dialettici); questa parzialità è oggi necessaria per scindersi globalmente dal mondo del parcellare, ma sarà da negare nel momento della realizzazione della violenza rivoluzionaria, in cui non potremo fare nulla di meno che riconoscerci nel movimento rivoluzionario che si autoidentificherà con il movimento reale;

e) la prospettiva dei Consigli Proletari come unica forma possibile per l’inizio della storia cosciente;

f) il rifiuto del militantismo esecutivo ed autoritario, anche se camuffato sotto le spoglie dell’autorità del pensiero; il principio capitalista dell’efficienza, basato sulla logica del valore di scambio, va rovesciato in quello rivoluzionario dell’efficacia, basato sulla logica del valore d’uso;

g) il riconoscimento dell’autonomia teorico-pratica di ciascun compagno, purché essa non sia incoerente rispetto all’insieme delle tesi formulate e a condizione che sussista il massimo di trasparenza tra tutti i compagni, a loro volta interscambiabili, sebbene tutti necessari;

h) il rifiuto di presentarsi, in qualsiasi occasione della lotta contro la società mercantil-spettacolare, come individui e non come facenti parte dell’organizzazione teorico-pratica che si fonda sui punti suddetti.

Tutti i compagni che si trovano d’accordo su queste basi minime sono invitati alla RIUNIONE organizzata dai firmatari per DOMENICA 25 OTTOBRE, alle ORE 15, in via LAGRANGE 31 (presso VENTURA – scala centrale, 2° piano).

La riunione, sebbene sprovvista di un ordine del giorno burocraticamente tassativo, dovrà avere un valore chiaramente operativo: non nel senso che si dovranno scegliere necessariamente delle azioni immediate, quanto piuttosto nel senso che ciascun compagno dovrà assumere una posizione inequivoca e che tutti dovranno compiere la scelta della prospettiva e della direzione su cui articolare ogni intervento, anche se teorico.

A questo proposito i temi minimi di discussione non potranno che essere:

1° lotta all’ideologia nei suoi livelli più alti e determinanti (ideologia del lavoro, ideologia della merce, ideologia dello spettacolo, ideologia del consumo, ideologia del consenso),

2° lotta all’ideologia coagulata e materializzata (nuclei produttivi di merci materiali o di merci ideologiche: es. fabbriche e scuole; nuclei di trasmissione dell’ideologia e della sua rimanipolazione come ideologia del consenso: es. carceri, manicomi etc.; nuclei di recezione dell’ideologia: es. nuclei urbani e quartieri etc. – è peraltro di per sé evidente l’interdipendenza dialettica di questi vari momenti separati che vanno unificati nella critica –);

3° lotta all’ideologia del dissenso permesso e spettacolare (critica ed attacco alle forze falsamente rivoluzionarie e realmente burocratiche);

Questa tematica si pone come irrinunciabile non già per una volontà burocratica da parte nostra, bensì perché l’accettazione di essa dimostra nei partecipanti quella radicalità minima da cui non è possibile prescindere nella prospettiva di un lavoro continuativo e rivoluzionario comune.

D’altra parte è implicita la richiesta a tutti di presentare agli altri compagni ed alla discussione soltanto il meglio del proprio lavoro teorico e pratico eversivo su qualsiasi “fronte” si sia svolto, quello della vita quotidiana non escluso.

per l’ORGANIZZAZIONE CONSILIARE

d’Este – Ghisleni – Ventura.

Torino, 22 ottobre 1970