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Cajo Brendel – Sessanta tesi sulla rivoluzione cinese
Le Tesi sulla Rivoluzione Cinese furono pubblicate in due parti nel 1967 sulla rivista olandese Daad en Gedachte (Azione e Pensiero) – Anno 3, numeri 3 (marzo) e 4 (aprile). Nella primavera del 1969 esce la traduzione francese nei Cahiers du Communisme de Conseils, Marsiglia, e nel 1971 la traduzione inglese a cura del gruppo Solidarity di Aberdeen, Scozia. Tradotto in italiano nel 1972 e pubblicato dalle Edizioni G. d. C., Caserta nel 1973. Introduce il testo un articolo di Brendel dell’ottobre 1971 sulla politica estera dello Stato maoista, “La diplomazia cosiddetta rivoluzionaria della Cina”.
Cajo Brendel nacque il 26 ottobre 1915 a Den Haag / L’Aia (Olanda). A 19 anni ruppe con l’ambiente borghese della famiglia e, operaio tra gli operai partecipò alle lotte che a metà degli anni Trenta scossero l’Olanda, il Belgio,
l’Inghilterra. In questi frangenti, fu in contatto con il Gruppo Comunisti Internazionali e con Pannekoek. In seguito, divenne uno dei principali esponenti del movimento consiliare, partecipando nel dopoguerra alla costituzione dello Spartacusbond e poi a numerose iniziative, come le riviste Daad en Gedachte (Azione e Pensiero) in Olanda e Echanges et Mouvements in Francia, nonché all’attività cui esse facevano capo. Negli anni Cinquanta, favorì l’evoluzione consiliarista di Socialisme ou Barbarie. Scrisse, tra le altre cose, una biografia di Pannekoek, un libro sulla Comune di Kronštadt e uno su Rivoluzione e controrivoluzione in Spagna. È morto il 25 giugno 2007.
Nel 1953 pubblicò in brochure anonima, a cura del gruppo dei comunisti consiliaristi olandesi Communistenbond Spartacus, il testo De opstand der arbeiders in Oost-Duitsland – tradotto in italiano come La lotta di classe contro il bolscevismo, L’insurrezione operaia del giugno 1953 nella DDR. Una seconda edizione fu diffusa nel 1978 da parte del gruppo danese Daad en Dedachte, alla quale Brendel apportò alcune piccole variazioni. Da questa versione proviene la traduzione in francese, apparsa nel 1980 sulla rivista Echanges & Mouvement, con il titolo L’insurrection ouvrière en
Allemagne de l’Est – juin 1953.
Da questa è tratta la versione italiana pubblicata su Autogestione (Rivista trimestrale per l’azione anarcosindacalista) n° 6, Milano 1980. Cliccare sulla immagine sottostante per scaricarla.
Avviso al proletariato italiano sulle possibilità presenti della rivoluzione sociale
Internazionale Situazionista, manifesto stampato recto-verso, 19 novembre 1969. Sul retro del volantino, in calce al documento, è presente il documento riprodotto di seguito.
I situazionisti non si chiamano comunisti solo per non confondersi con i quadri delle burocrazie antioperaie filosovietiche o filocinesi, relitti del grande fallimento rivoluzionario destinato ad estendere la dittatura universale dell’Economia e dello Stato.
I situazionisti non costituiscono un partito particolare in concorrenza con gli altri partiti sedicenti “operai”.
I situazionisti rifiutano di riprodurre al loro interno le condizioni gerarchiche del mondo dominante. Essi denunciano dovunque la politica specializzata dei capi di gruppi e partiti gerarchici, che fondano sulla passività organizzata dei loro militanti la forza oppressiva del loro potere illusorio di classe futura.
I situazionisti non affermano principi ideologici, sui quali modellare il movimento del proletariato, e dunque dirigerlo.
I situazionisti sono la corrente più radicale del movimento proletario di molti paesi, quella che sempre spinge avanti. Sforzandosi di chiarire e di coordinare le lotte sparse dei proletari rivoluzionari, essi contribuiscono a dare ai proletari le loro ragioni. Proponendosi di essere il più alto grado della coscienza rivoluzionaria internazionale, con la nuova critica teorica hanno potuto preannunciare dappertutto il ritorno della rivoluzione moderna.
Essi non hanno interessi distinti dagli interessi del proletariato nel suo insieme. Si aspettano tutto e non hanno da temere nulla dai cosiddetti “eccessi” che segnano contemporaneamente la profondità critica della nuova epoca e la ricchezza positiva della vita quotidiana liberata che vi si inaugura.
Sull’Italia i rivoluzionari rivolgono oggi specialmente la loro attenzione, perché l’Italia è alla vigilia di un sollevamento generale sulla via della rivoluzione sociale.
In tutte le lotte attuali, i situazionisti mettono sempre avanti la questione dell’abolizione di “tutto ciò che esiste separatamente dagli individui” come la questione decisiva del movimento di negazione della società esistente.
I situazionisti non hanno da nascondere le loro posizioni e le loro intenzioni. Essi dichiarano apertamente che il loro unico interesse e unico scopo non è niente di diverso dal rendere permanente la rivoluzione sociale sino a che siano concentrati nella federazione internazionale dei Consigli dei lavoratori tutti i poteri, il potere di ciascuno su tutti gli aspetti della vita quotidiana, cioè dell’economia, della società, della storia. Non può trattarsi dunque di una trasformazione della proprietà privata o statale, ma della sua abolizione; non del mitigamento dei contrasti di classe, ma della abolizione delle classi; non del “miglioramento” della società attuale, ma creazione di una nuova società; non di una realizzazione parziale che genera una nuova divisione, ma dell’intolleranza definitiva di ogni nuovo travestimento del vecchio mondo.
I situazionisti non dubitano che l’unico programma possibile della rivoluzione moderna passa inevitabilmente per la formazione dei Consigli di tutti i lavoratori i quali, sviluppando la chiara coscienza di tutti i loro nemici, divengono il solo potere.
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Supplemento al n° 1 della rivista “Internazionale Situazionista”. Tutti i compagni che si trovano in accordo coerente con ciò che diciamo, che vogliono ricevere le nostre pubblicazioni, possono scrivere a: Internazionale Situazionista, C.P. 1532 – Milano.